Uno dei meriti più serendipicévoli dei Giuochi Olimpici, poi, è quello di riappacificarti con certe marcette zumpappànti che a fiato e grancassa ti svelano l'anima musicale, chessò, del Botswana, o di Saint Kitts & Nevis.
L'inno, di suo, inneggia, mi pare cristallino: loda, alle volte sbrodolandosi, un po' tutto e un po' tutti. Andorra si spertica in un'elegia a Carlomagno, Brunei al suo Sultano, il Regno Unito alla sua Regina e il Bhutan al Dragone dei Fulmini. A ognuno il suo, ècco, l'importante è sentirsi a casa propria: inna da yarde, appunto.
In ogni inno si libra alto il sentimento d'appartenenza, di rivalsa verso i conquistatori, e di sudditanza verso i reggenti - che magari son quelli venuti dopo i conquistatori. Preghiere e raccomandazioni: che Dio salvi, abbia in gloria, protegga, illumini custodisca regga governi noialtri, le nostre terre, i nostri fiumi montagne mare spiagge. La nostra libertà. La Felicità (lasciateci calpestare i sentieri dell'immensa felicità, gorgheggiano i guineani equatoriali).
L'inno nazionale è, per sua conformazione, patriottico: nelle due Coree si canta la Canzone dei Patrioti, si scrive allo stesso modo e si pronuncia uguale, ma insomma, spiegaglielo tu a Pyongyang cosa significhi essere attaccati alla maglia, credo differisca un po' da Seoul.
A Kiribati ci si sgola: Alzati, Kiribati! (ma anche no, che fa così caldo).
Essere patrioti a certe latitudini stanca. E poi, ci vuole il piglio giusto, e una buona dose di fortuna, per vedere le proprie giaculatorie appiccicarsi indelebilmente su un vessillo.
Lussemburgo, prendi Lussemburgo: nel Granducato cantavano questa filastrocca di John Strafford Smith, la Canzone degli Anacreonti, ma erano lussemburghesi, pochi e disorganizzati, e ci sarebbero voluti i mericàni per incanalare quell'aria nel Star Spangled Banner.
Oppure, questa magari la sai già: parliamo di Giosué Carducci. Che c'aveva messo tutto 'l cuore, per scrivere un testo da cucire sopra la Stanza di Consolo. Soltanto: i sanmarinesi gliel'hanno mai concessa, a Carducci, la gioja di farsi paroliere d'inno. Che è poi un po' come se Jonathan Safran Foer si proponesse di scrivermi una prefazione, e il mio editore dicesse no, non ce la sentiamo, lassastà.
Essere patrioti, a certe latitudini, stanca.
Essere brillanti, con tutto 'l rispetto per la Repubblica dei Titani, poi: pure.
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