Sto facendo due passi quando qualcuno mi chiede ha da accendere, per favore, nell'oscurità, e non mi viene da rispondere nient'altro che ho il mate pieno di sofferenza e disincanto, se vuoi, come nei film porto la bottiglia alla tasca della giacca, accendo una sigaretta mentolata, vedo due occhi, una bocca, delle dita, brutte copie di lettere molto sentimentali stampate sulla fronte, mi guarda, le ricambio lo sguardo, una bocca ch'è una platea di teatro, una bocca da actor's studio, afferro la sigaretta che mi porge, la accendo, le prendo la mano, mi guarda, serro, mi guarda, le mascelle, le accarezzo, mi guarda, la nuca, abbassa gli occhi, la tiro verso di me, così, con la lingua sfioro una palpebra piena di rimmel, ascolto la sua narice nel mio orecchio, mi giro, m'incammino, le apro, mi ricordo della bottiglia, la prendo, la afferro, chiudo, faccio il giro, entro dalla portiera dell'auto, mi siedo con la bottiglia in mano, gliela offro, mi guarda, ne beve un po', me la rende, bevo, metto in moto, accendo i fari, alti, bassi, parto, le restituisco la bottiglia, la deposita sulla sua gonna, come un talismano la scorgo tra le pieghe della sua gonna, continuo a scendere cercando un hotel, fiutando delle lenzuola.Nel mio appartamento, dice sorridendo. La vedo davvero sorridere, non è una smorfia, la sua, le sue parole sono sorrisi, non scimmiottamenti.Va bene, le dico. Ricambiandole il sorriso le poggio un braccio sulle spalle, lei si china verso il mio collo, lo bacia, lì si ferma. Sulla destra c'è un parcheggio.Quanto vuoi?, dico, sicuro che i padroncini du lago Llanquihue parlino così, in queste situazioni, loro tutti azionisti del Tattersall, Frutti del Paese. Torcendo le spalle, con le chiavi tintinnanti, aiutandola a risollevarsi.Poco. Saliamo. Non preoccuparti, dice incamminandosi verso la strada.Quanto?, ripeto senza muovermi, lasciando allo scoperto il mio profilo greco, come un poster di Rodolfo Valentino in bianco e nero (son cose che servono sul serio, non credete sia un gioco).Duecento, incluso il bere. E ritieniti fortunato, perché stanotte non avevo intenzione di lavorare.I miei cinquanta lucas solitari, al calduccio nel rosso del portafogli, danno un salto all'indietro, due sibili e una chiamata transoceanica via satellite prima di sbottare in una risata a crepapelle.Che tipo di drink hai? chiedo come fossi appena arrivato a Las Vegas. Senza muovere un muscolo, coi nervi saldi, da trapezista.Pisco, dice, e aggiunge più altre bibite.Whisky non ne hai?No. Costa troppo. Per questo no, non ce l'ho.Allora non posso proprio fermarmi, zuccherino. Senza whisky proprio no. Capisci?Centocinquanta, dice.Tu però compri il whisky, insisto, assolutamente convinto. Con una posa di quelle che te le sogni le strappo la bottiglia di mano e mando giù un sorso cristallino, come fosse Fanta, marchio registrato.Centotrenta, ultimo prezzo. Crede di scivolare via dal guaio mettendo la bocca a culo di gallina.Una lince sfila nella galleria, dà tre o quattro giri su sé stessa, sparisce. Non posso senza whisky, mi dispiace. Infilo la chiave. Faccio pressione, quella necessaria, ciao le dico trascinandomi via, mi dispiace. Affinché sappia che sono uno di classe, giochiccio coi pedali dell'automobile. Che fa run-run.
[un pezzo di Matinée, Vermouth e noche di Carlos Olivarez. L'adescamento di puttana più bello in assoluto. La traduzione è mia]
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