Il sesto comandamento, non commettere atti impuri, ci faceva ridere assai, al catechismo.
Forse è che ci faceva ridere il catechismo, tout court.
E quel fatto dei comandamenti.
Tutti e dieci, mica solo il sesto.
Finzioni, quel magazine di lettura creativa che giàssai è il più fico del bigonzo anche se non lo dicesse pure Wikio, mentre ero a Lamèriche ha pubblicato il Libretto Rosa, una ròba che se non l'hai ancora scaricata e letta mi sa tanto che stai facendo una catsàta.
Nel Libretto Rosa c'è un nonalogo, che per essere un decalogo-non-decalogo un po' fa ridere e un po' anche no: il sesto comandamento di quel nonalogo sostiene che i critici sono noiosi, perché si sparlano addosso, perché dicono a nuora affinché suocera intenda, perché creano scuole e appartenenze, perché sono una categoria della quale oggi, diciamocelo, il lettore può fare serenamente a meno.
In un articolone a doppia pagina uscito oggi su R2, firmato da Loredana Lipperini, in cui si menziona copiosamente il pamphletto finziònico, l'intervento di Alberto Rollo, direttore letterario di Feltrinelli, che lamenta la mancanza di una critica letteraria che offra non dico dei canoni, ma dei criteri di bellezza, è arrivato puntuale - semmai ce ne fosse stato bisogno - a sottolineare non solo quanto i critici siano noiosi, ma quanto sia noioso anche il solo provare nostalgia per i critici.
Potere al lettore, s'era detto.
Anfatti.
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