Marrìca è al concerto di giòva, dice al telefono, giòva sta per giovanòtti, e più in generale si giova di stare coi giovanotti.
Marrìca maglia arrotolata sulle braccia, Marrìca ride sguaiata, Marrìca divincola l'acerbe grazie, Marrìca sbraita, Marrìca scatta delle foto, Marrìca si fa scattare delle foto, Marrìca aò, Marrìca macadè sta ròba, Marrìca fischia applaude buéggia e schitarra quando c'è vascobròndi, senza un senso, povero vascobròndi, canta pure mare mare mare ma che voglia d'arrivare su produzioni seriali di cieli stellati.
E poi Marrìca punta i gomiti, Marrìca suda, Marrìca si dimena, Marrìca aòòò, Marrìca l'urlo, l'urlo dell'amica, ma ch'hai fatto, Marrì?, ciài tutto sangue 'n faccia: Marrìca con le lacrime agl'occhi.
Cola, il sangue di Marrìca, cola.
Marrìca ha quindici anni, forse sedici, le ho appena dato una gomitata in pieno volto, volontariamente, con sdegno.
Marrìca è tutto quello che non vorrei diventasse mia figlia all'età di Marrìca.
La gomitata in faccia a Marrìca è il mio personalissimo memento, cosicché possa ricordarmi, quando avrò una figlia, semmai avrò una figlia, semmai sarà femmina, di andarci insieme, ai concerti, e piazzarmi al suo fianco.
Pronto ad assestarle un colpo preciso, tra labbro e naso, laddove decidesse di comportarsi come si comportava Marrìca.
Che poi mia figlia col cazzo che ce la chiamerei mai, Marrìca.
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