Piglia ad esempio i Mongoli, c'è stato un periodo intorno al tredicesimo secolo in cui i Mongoli mietevano vittime un po' ovunque, gridavano prima di scendere in battaglia Hurree, un'onomatopea più che un qualcosa con un significato preciso, sembra fosse così che chiudevano pure le orazioni, come un alleluja o un amen.
I Turchi, di par loro, ur ah!, ti sputavano in faccia, vieni avanti cretino, sembra significhi, e tu a vederli così incazzati, i turchi, hip hip: te la davi a gambe.
Insomma, hurrah lo strillano cani e porci per esultare, per caricarsi, per farsi coraggio, per rinforzarsi il cuore: con accenti o declinazioni diverse, sfumature nella grafia ma che importa, hurrah lo capisci anche se è hurrà, hooray, huzza, è più 'l suono che conta, mica altro.
Come issare viene dall'interiezione hissa, quella di oh-hissa, che quasi senti il peso gravarti sulle ginocchia, il peso di qualcosa di molto pesante, a dire oh-hissa, allo stesso modo quando c'è da esser felici prima serve che t'incupisci, uh, e poi che erompa in una deflagrazione gioiosa, rah!, un po' come il bubusèttete, che è il peek-a-boo ma al contrario.
Solo i rumeni dicono chiu, per dire Hurrah.
Ch'è più un suono da pericolo scampato, chiu, che un incitamento alla battaglia, dico io.
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