Le gite d'un giorno al mare attirano la tempesta. Ecco come avviene il fenomeno: la sera prima della gita, il cielo - dopo molti giorni di sereno - si copre di nuvole. Le persone che debbono partecipare alla gita lo guardano, ma, come per una tacita intesa, non si dicono nulla. [...]
All'alba, sveglia. Si guarda il cielo: grigio. Qualcuno dice: «C'è la nebbia, avremo una giornata splendida. Un po' calda, forse».
Si va alla stazione e il cielo resta grigio. Il treno dei bagnanti è nervoso.
In viaggio, tutti dichiarano che al mare si troverà il bel tempo. Un vecchio pescatore di ritorno da una corsa in città, guarda il cielo e, ammiccando tra le grinze, sentenzia che finalmente avremo l'acqua. Aggiunge che è una fortuna per la campagna.
Si pensa che questi vecchi lupi di mare, con le loro pretese barometriche, non capiscono niente. E i viaggiatori danno ragione a un signore il quale racconta che alcune settimane fa il cielo era anche più nuvoloso di oggi, ma che al mare, come per incanto, aveva trovato il più bel sereno di questo mondo. Allora ogni viaggiatore narra che, ciascuno in una diversa mattina, ha assistito a un fenomeno simile.
Se ne conclude che tutti i giorni, su questa linea ferroviaria, il cielo si rannuvola, ma poi si rasserena all'ora del bagno. Tutti si rallegrano per questa stranezza e si parla d'altro. Ma, a un tratto, una pioggerella fitta e fine entra dai finestrini con un vento freddo.
* * *
Al mare, burrasca.
La rotonda dello stabilimento, fradicia e grondante da tutti gli interstizi del tavolato è deserta. Sulla spiaggia, bagnata e scura, non passa nessuno. Sulla baracca del pronto soccorso sventola bandiera rossa: pericolo per chi facesse il bagno.
I bagnanti, bagnati e infreddoliti nelle vesti leggere, col fagotto intatto dell'accappatoio in mano, se ne stanno sotto la tettoia dello stabilimento, a guardare i cavalloni innumerevoli, che nascono dovunque, continuamente, sul mare fragoroso, e rotolano prima ingigantendo e poi frantumandosi con vasto scroscio.
Poveri bagnanti. Sembrano naufraghi su una zattera. Per un po' sperano che cessi la tempesta e, come per miracolo, torni il sereno. Poi, uno alla volta, tirano fuori le provvigioni e fanno colazione dicendo poche parole.
Due o tre audaci si son messi in costume. La loro apparizione suscita qualche insensata speranza. Sembra che quell'atto renda probabile il ritorno della bonaccia. Invece piove a dirotto, e quei temerari se ne stanno a guardare il mare con aria tristissima e freddolosa. Al massimo, se cessa la pioggia, s'accovacciano sulla spiaggia e si fanno raggiungere gli stinchi dalla schiuma di qualche cavallone più lungo. I loro piedi fanno nella rena buchi neri, che si riempion subito d'acqua.
Poi, col primo treno, si torna in città, dove generalmente si trova il tempo rasserenato.
[Achille Campanile, Agosto, moglie mia non ti conosco, pag. 81-83]
Che sono un po' le nostre vacanze, diciamocelo.
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