Maggio, poi, capita ch'è il mese degl'imperativi, delle necessità incombenti e contingenti, dei non posso più rimandare, dei dovervolére ora, non più mai vedremo; a maggio mi capita di leggermi sotto, alle volte, stavolta.
Maggio, saggezza proverbiale, l'accostamento di maggio è con coraggio: che c'entra, ci vuole tanto, troppo coraggio, ma oh: gambe in spalla e via, mica possiamo starcene ciabattine e focherello ancora del tempo.
Piglia gl'inglesi: may, c'è della potenzialità, ho il permesso, finalmente. Posso? Puoi.
Piglia i napoletani: m'aggio, devo, ti costringe qualcuno?, ohssì, sono io, a costringermi.
E allora, questo maggio, m'aggio, may, devo, voglio, voglio far qualcosa che non ho fatto ancora mai, ch'è poi come dicon maggio i franzési: mai.
Insomma: inizio a leggere la Raggiuèla.
Mi rilasso. Smollo qualsiasi altra lettura.
M'agio.
Come un re, dal potere tentennante.
Come un re, dicevo. Ma un re minore. Bemolle.
Il mio maggio, quest'anno, si chiamerà mayuela.
[Poi, magari, una volta a settimana, caricherò delle ròbe lette a voce alta, dalla raggiuèla, chissà che non vi faccia piacere]
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