[photo courtesy Emanuela Selis]
E insomma poi uno dice la magia dei borghetti, quelli di tufo, non quelli del caffè, l'organza da un lampione all'altro, i fumi del mici alla brace, mi piace, ci piace.
Tolfa è un acciottolato perennemente calpestato da genti e nasi rossi e tromboni, per strada, ch'è dove davvero bussa il cuore pulsante, ch'è dove la guazza si posa e si scivola ch'è una bellezza, dove si sciorinano sciovinismi, dove s'inscenano sciapi chapeau.
A Tolfa, quest'anno, al Tolfarte, abbiam portato il katacrascio; fanno una borsa, attòlfa, la borsa della contestazione, la dicono, una bisaccia di cuoio, si chiama catana, la Grande Tasca da cacciatore per metterci la selvaggina, dov'è la selvaggina?, nella selva, Geena, abbiamo portato il katacrascio e l'abbiamo intitolato, il nostro sciò, Katanacrascio, fateci divertire così, ci basta poco.
L'abbiam fatto nel chiostro di palazzo Buttaoni, abbiamo messo suoni e inchiostro a incastro nel chiostro e c'è venuto discretamente bene e ci siamo di molto divertiti, fateci divertire così, ci basta poco; com'al solito c'era Pruno agl'aggeggi elettronici le lucine che s'accendono e al portatile con la mela smozzicata, Massimiliano Ercolani al contrabbasso, Emilio Armifer al basso e ci mancava solo uno che suonasse il contra, com'è fatto un contra?, è quello il cui suono è un'incontranza.
Fare il katacrascio al tolfarte è stata un'incontranza, all'ultimo secondo utile, sì dài che ci siamo, ed è una delle ròbe che m'ha messo una felicità addosso che guarda, férmati.
Se poi anche tu c'eri, se hai riso, se hai plaudito forte, oh, te: grazie, eh.
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