Che poi alla fine massì, mi son detto, fammi iscrivere, ero nel periodo che mi iscrivevo a tutti i gruppi su fèisbuc, vedi se non m'accodo a quello dei Gabrielli, senza starci troppo a pensare; clic.
M'aveva invitato Carlo: io mio zio si chiama Carlo, ma non era quel Carlo, che poi è Carlos, perché è pieno di Gabrielli, in Argentina e Cile: Luis Gabrielli Carlos Gabrielli Javier Gabrielli.
Che poi lo leggono Gabrieji, con la ll che suona come la g nella valigia toscana, si chiama yeìsmo, quella ròba là, macheccefrega, la reputìsima que los mil pariò, a todos los Gabrieji.
E c'è questo Carlos che tira fuori avi e trisavoli, snocciola discendenze remote, che è una ròba molto americana, quella di risalire sugli snodi incancreniti degli alberi genealogici.
Cante, Cante Gabrielli detto Cantuccio, come il biscotto, non era dolce, dolce proprio no, proprio per nulla: gli davano una briciola di potere, una briciola al Cantuccio, e si pigliava tutta la pagnotta, quel Gabrielli, religioso fino al midollo, tutto preso dalle missioni purificatrici; è stato Podestà di Firenze, Cante, e nel 1302 ha emanato le due famose sentenze di condanna contro Dante Alighieri, concussione e baratteria: per la concussione ottomila lire, gl'hanno comminato a Dante, ot-to-mi-la-li-re, che dovevano essere un fracco di danari, nel 1302.
Per la baratteria, invece, igne comaratur sic quod moriatur: rogo, per capirci, che poi voleva dire esilio perpetuo, per Dante, se non voleva essere braciolizzato.
Dante questo coup-de-tete deve averlo preso mica troppo bene, matuguarda il Cantuccio Gabrielli: nella Divina Commedia l'ha messo nella bolgia dei barattieri, sono i canti ventuno e ventidue, gl'ha fatto recitare la parte di Rubicante, quanto ingegno in Dante, Rubi-Cante, e niente:
io, questo fatto qua d'essermi inimicato Dante Alighieri per via d'un parente scomodo, ecco, mi mette un'ansia che férmati.
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