Punta il tacco e ruota la punta, muovi la testa, dimena le ginocchia: co-sì, co-sì.
Ogni volta ch'esce fuori il nome della città di Forlì cado in tentazione, io: la faccio, la stupidissima battuta c'ho una zia, io, là, pènsa, che poi mi chiedon là dove?, e sì, glielo racconto, io, che c'ho una zia, una zia che sta a Forlì.
Questo uichènd vado a trovare mia zia, chi lo sa se mi si ricorda, mia zia.
Questo uichènd succedono un fracco di cose, a Forlì: un po' come fosse l'ombelico del mondo, ecco.
Sabato 11 giugno in viale Spazzoli al civico cinquantuno, dove c'è il circolo arci Recircolo, questo essere Re nell'atto di circolare (CIT), facciamo le Schegge di Liberazione, quel libro sulla Resistenza che sicuro ne hai sentito parlare: ci sono un po' tutti, pure Bitcho, il teutonico Bitcho che scende apposta per votare al referendum, pensaté; sembra si cominci alle nòve.
Domenica, invece, a partire dalle sédici, si poggia il sedere sul sellino d'una bicicletta e si gira per gli spazi indecisi forlivesi: ci saranno mostre fotografiche, letture di racconti scritte partendo dalle fotografie scattate agli spazi indecisi (c'è pure una mia ròba, yo), performànze teatrali e financo un buffet indeciso [qua te ne dicono di più].
Mia zia, perché poi è fondamentalmente per mia zia, che salgo, per darle la partecipàzia del matrimonio, ha detto che forse viene, forse no: è ancora un po' indecisa.
Mia zia, quella che sta a Forlì.
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