[Dunque. E' partita questa rubrica, si chiama volendo, inizia sempre così: Volendo potremmo raccontare la storia. La storia che raccontiamo è la storia che si racconta in un canzoncello più o meno (meglio più) underground. E alla fine del pezzo, si riprende dicendo Volendo potremmo raccontarvela, questa storia, se non fosse che l’han già fatto I Tipi in Questa Canzone. Una ròba così.
Questa rubrica, volendo, è fissata per il martedì.
Ora, quello di oggi non è un canzoncello underground. Ed in più, oggi è venerdì.
Ma siccome la rubrica me la sono inventata io, faccio un po' come mi pare, se non vi dispiace]
Volendo potremmo raccontare la storia di quando Beethoven scoprì d'essere, per un sedicesimo, nero. Oppure quella del nero che, sui quattro quarti, che poi è come dire sedici sedicesimi, e quattro per quattro come se non fosse abbastanza fa pure sedici, scoprì d'avere molto in comune con Ludwig van B., folgorato sulla via di Vienna da un turuturuturuturutùn, perdinci, perelìsa. Aveva i gusti raffinati, quel nero, sull'aria di Für Elise gli veniva da farci gran discorsi, dire guarda che possiamo farcela, lo so, ce la facciamo, a creare una generazione diversa, positiva.
Gli diceva, quel nero, ai giovanotti, che se s'impegnano possono essere quel che vogliono, ma non è facile, bisogna farsi il mazzo, e poi c'è da prestare attenzione che la puzza di corruzione e morte la senti lontana un miglio, occhio a chi frequenti, occhio alle strade che imbocchi, basta un nulla e bèm, sei fottuto.
E non pensate, continuava ad arringare lui, che la vita dei neri sia tutta comportamenti scorretti e truffaldini, catene d'oro, cattiveria gratuita: vorrete mica crescere da debosciati decerebrati, vorrete mica arrivare all'età mia che non sapete leggere né scrivere, vorrete mica sentirvi dire (alle donne, lo diceva) che siete tutte cagnette: credeteci, crediamoci che possa esser diverso, ed allora venite con me, e ripetiamo tutt'insieme: sì, I can, posso farcela.
Perché vedete, e mentre prendeva questo discorso c'era già chi storceva la bocca dietro la cattedra, noi siamo stati, in un tempo remoto e in lande lontane, re e regine, altro che maiali, altro che scimmioni. Credeteci, se ve lo racconto io: Greci, Romani, tutti si son fatti grandi con le conoscenze tramandategli dagl'Arabi e dagli Africani, che avevano la sapienza e pure l'oro, ma a Greci e Romani poi interessava di più l'oro, ed allora loro l'oro se lo sono andato a pigliare, e dopo l'oro le persone, e dopo le persone la dignità.
Quindi fatevi servire, diceva quel nero che amava Beethoven, nessuno dice che dovete per forza essere gangsta, pure se v'ascoltate il rap: leggete, imparate ròbe, cambiate il mondo.
E alzate al cielo le mani, adesso, che c'è da cantare l'ultimo ritornello.
Volendo potremmo raccontarvele, tutte queste storie. Ma quella di Beethoven che per un sedicesimo era nero l'ha già raccontata Nadine Gordimer, mentre quella del nero che rende edotti e consapevolizza ragazzetti pur essendo nero e rapper l'ha raccontata Nas in I can.
(Poi non state a sentire, che c'è pure chi le racconta strambe, le storie, tipo quella secondo la quale averci sull'ipod una playlist con Maria Callas, Beethoven e John Coltrane al fianco di Jay-Z e giustappunto Nas significhi essere un leader senza palle)
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