La tavolata: larga e variegata.
Sul palco: i Gringo. Lei canta, uno suona la fisarmonica ed uno s'agita sulle tastiere dal suono sintetico, nel repertorio ròba come Andamento Lento e O' surdato 'nnamurato. Gran cappelli da caubbòi.
Seduta davanti a me: una bimbetta in età prescolare figlia d'un'amica mia, che ricordavo l'anno passato impegnata in discorsi lisergici su certi pony verdi e blu ch'erano esplosi, e non c'erano più.
Le chiedo: e i pony, come stanno?
Mi fissa, continua a masticare il suo amburgs e non dice una parola.
Quando mangia non vuole sentire ragioni, mi dice la madre, però vedrai: falle finire di masticare e poi ti risponde.
Effettivamente, poi, m'ha risposto.
Sembra che quei pony non siano mai esistiti, mi dice ma quali pony?, sventolando la manina.
I Gringo, sull'aria di We are the world, ondeggiano abbracciati.
Partono i fuochi d'artificio.
Esplode l'ennesimo brindisi.
Sembra la scena d'un matrimonio di quelli che vanno a finire coi trenini e le cravatte annodate sulla fronte.
Mi viene un brivido.
Nessun commento:
Posta un commento