Vado a rinchiudermi in un convento dall'aria futuristica invero, tutto neon e luminol, ci sono suore in ogniddove e mi fanno dei gran sorrisi, mi accolgono mostrandomi la mia cella, è spaziosa.
Sono andato, io, accompagnato dalla mia donna - che m'ha salutato sulla porta con un bacio scrocchiarèllo, senza tristezza né gioia, solo un bacio - perché ho da scrivere, e son certo che là posso farlo senza gran rompimenti.
Però mi stufo dopo pochi giorni, o forse era passato già un anno perché avevo una barba lunghissima e fulva, di stare nel convento futuristico, e allora cerco di uscire, ma è tutto un impedirmelo.
Le suore non usano mai la forza, con me, non mi menano, insomma, ma con una sottile strategia psicologica nondimeno mi trattengono.
Forse son suore scientologiche, penso, m'inibiscono inebetendomi, non fuggo ma nemmeno scrivo, sto là, a fissare i neon ed il luminol, e a studiare i tomi di Lafaiètta Ronaldo Hubbard, e a gridare muto al buio il mio anticlericalismo e la mia disperazione di bonbòn.
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