Che poi se ti capita di metter piede al mercato di Sant Antoni, a Barcellona, ti sembra proprio di essere alla Boquerìa, ma senza tutti i turisti che ci sono alla Boquerìa, e senza le arance sorridenti impilate alla Boquerìa, insomma, una Boquerìa senza il cartello Boquerìa all'ingresso.
Ed i mercatanti t'osservano con un'espressione che è insieme un misto di stupore e imbarazzo, gli fai le domande e loro si sforzano di apparire preparati e sorridenti come i mercatanti della Boquerìa, ma ci riescono mica troppo. Però non te lo dicono mai, in faccia, ma perché sei venuto a Sant Antoni? Che ci sei venuto a fare?.
Dentro la Boquerìa, invece, ci sono le arance che sorridono prima che le frullino, c'è un vociare continuo e sulla destra Pinotxo, che son tapas su tapas dal mattino alla sera e se ci vai anche tu, nove su dieci che ci fai il miglior pranzo della tua esistenza.
Da Pinotxo mi sono commosso davanti ad un piatto di berberetxos che intonavano Catro vellos mariñeiros con la voce ròca, e poi c'erano dei gran percebes tòrti come i pinnacoli di Gaudì a Parc Guell.
Che poi a Barcellona sembra cada tutto giù da un momento all'altro, e in albergo mi son dimenticato un post it nel quale avevo scritto un racconto, il racconto dei crolli, nel quale, l'unica cosa che mi ricordo, in un giorno solo veniva giù tutta la Sagrada Familia, tutto Parc Guell, e correvano tutti in riva al mare, barcelonesi e non, mangiavano berberetxos e cantavano canzoni tristi, con le note che si rapprendevano nell'aria salmastra.
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