Alle quattro e quaranta del mattino dell'ennesimo interminabile turno di notte, coll'impavido Damiano a farmi da spalla, cammelli blu e croissants caldi non riescono più a ricacciare gli inesorabili afflati di sonno con la stessa potenza di qualche mezz'ora prima. Non più.
a
Allora, a Damiano, gli leggo qualche riga estrapolata ad arte da ciò che sto scrivendo in quest'ultimo periodo.
Insomma, di Gionata e di Gé, di Clo e di quant'altro.
Sono proprio assaggi minimi, ma minimi minimi.
a
Lì succede l'imponderabile.
E poi?, mi fa.
Dimmi dài, dimmi dài.
Leggimene di più.
a
Ecco, forse è una considerazione spicciola.
Ma mai niente fu più divino, per lo scrittore, di sentirsi dire dimmi dài, dimmi dài.
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