"Rossopesce, ti presento l'Ing. Dott. Arch. Adriano Ercoli".
"Ma puoi chiamarmi Paffuto, come tutti".
Si stringono le mani, o le pinne caudali, se preferite.
Rossopesce mi guarda stupito. Così è lui, il Paffuto, sembra incalzarmi.
Paffuto indossa una maglia very rock'n'roll. Autoprodotta, si direbbe. Su una manica, chi c'è c'è.
Sull'altra, chi nun c'è nun c'è.
Vergati a pennarello ad inchiostro nero, scolorito.
Un'ora dopo, Paffuto è in gran tiro.
Ostenta nonscialante una cravatta da grandi occasioni.
Bordeaux, tinta unita. Su sfondo bianco.
E' in forma invidiabile.
Il destino è sceneggiatore migliore di quanto potessi immaginare d'essere io.
Che avevo previsto la presentazione a Monte Romano, è vero, nel sancta sanctorum della mia meglio gioventù (e dove il trenta per cento della popolazione porta il cognome del sottoscritto).
Nei giorni della Sagra, per giunta.
Ma mai avrei ambito a tanto, davvero.
Il piazzale antistante la Biblioteca, una volta, era il campetto per eccellenza.
Scavalcavi il muretto, aiutandoti con il cancello d'inferriata, ed era come calcare il prato del Maracanà.
Poi è diventato palestra a cielo aperto per le scuole medie. Là, in quel campetto, col Paffuto abbiamo inscenato la Unit 3 del sussidiario d'inglese. Io ero Bill. Lui John. Io lanciavo la palla, lui la colpiva con la mazza da baseball. Faceva home run. E poi proponeva: "Why don't we have an hamburger?".
La pronuncia, oddio, non era proprio perfetta.
Gli sarebbe costata una cassettina da 90 minuti registrata a furia di "Why don't we have an hamburger?". Ambo i lati.
"Ma puoi chiamarmi Paffuto, come tutti".
Si stringono le mani, o le pinne caudali, se preferite.
Rossopesce mi guarda stupito. Così è lui, il Paffuto, sembra incalzarmi.
Paffuto indossa una maglia very rock'n'roll. Autoprodotta, si direbbe. Su una manica, chi c'è c'è.
Sull'altra, chi nun c'è nun c'è.
Vergati a pennarello ad inchiostro nero, scolorito.
Un'ora dopo, Paffuto è in gran tiro.
Ostenta nonscialante una cravatta da grandi occasioni.
Bordeaux, tinta unita. Su sfondo bianco.
E' in forma invidiabile.
Il destino è sceneggiatore migliore di quanto potessi immaginare d'essere io.
Che avevo previsto la presentazione a Monte Romano, è vero, nel sancta sanctorum della mia meglio gioventù (e dove il trenta per cento della popolazione porta il cognome del sottoscritto).
Nei giorni della Sagra, per giunta.
Ma mai avrei ambito a tanto, davvero.
Il piazzale antistante la Biblioteca, una volta, era il campetto per eccellenza.
Scavalcavi il muretto, aiutandoti con il cancello d'inferriata, ed era come calcare il prato del Maracanà.
Poi è diventato palestra a cielo aperto per le scuole medie. Là, in quel campetto, col Paffuto abbiamo inscenato la Unit 3 del sussidiario d'inglese. Io ero Bill. Lui John. Io lanciavo la palla, lui la colpiva con la mazza da baseball. Faceva home run. E poi proponeva: "Why don't we have an hamburger?".
La pronuncia, oddio, non era proprio perfetta.
Gli sarebbe costata una cassettina da 90 minuti registrata a furia di "Why don't we have an hamburger?". Ambo i lati.
Sabato scorso, ad assistere alla pantomima RossoPéscica a Monte Romano, nel piazzale dietro la Biblioteca, in quello che era stato campetto e diamante, c'erano proprio tutti, nessuno escluso.
C'erano il Sindaco, gli amici d'infanzia, parentado di vario tipo. E poi le ragazze che vengono dall'hinterland romano a provare sulle pelli abbronzate e lisce la spensieratezza del lento vivere paesano, il profumo della carne a cuocere sulla brace. C'erano addirittura tutti i Don del Campanile dell'Orologio. E pure qualche Din. Molti, din.
Ne è uscita fuori una chiacchierata, come ai vecchi tempi, d'istrioniche fattezze.
Immaginate, per farvi un'idea, l'autore di una raccolta di racconti ed il suo migliore amico soavemente cazzeggianti, con un tramonto da cartolina d'epoca sullo sfondo.
Siamo finiti, inevitabilmente, per scoperchiare i barattoli nei quali se ne stavano racchiusi, stipati, quattro quintali e mezzo almeno di ricordi ed aneddoti.
Così come l'Albanella d'Uliassi - che ad aprire il barattolo sembra che il mare intero t'attraversi le narici, copuli con le sinapsi e se ne vada repentino, lasciandoti felicemente disorientato -, è stata una sensazione che definire piacevole sarebbe riduttivo.
A pensarci bene, la migliore che abbia provato da un po' di tempo a questa parte.
C'erano il Sindaco, gli amici d'infanzia, parentado di vario tipo. E poi le ragazze che vengono dall'hinterland romano a provare sulle pelli abbronzate e lisce la spensieratezza del lento vivere paesano, il profumo della carne a cuocere sulla brace. C'erano addirittura tutti i Don del Campanile dell'Orologio. E pure qualche Din. Molti, din.
Ne è uscita fuori una chiacchierata, come ai vecchi tempi, d'istrioniche fattezze.
Immaginate, per farvi un'idea, l'autore di una raccolta di racconti ed il suo migliore amico soavemente cazzeggianti, con un tramonto da cartolina d'epoca sullo sfondo.
Siamo finiti, inevitabilmente, per scoperchiare i barattoli nei quali se ne stavano racchiusi, stipati, quattro quintali e mezzo almeno di ricordi ed aneddoti.
Così come l'Albanella d'Uliassi - che ad aprire il barattolo sembra che il mare intero t'attraversi le narici, copuli con le sinapsi e se ne vada repentino, lasciandoti felicemente disorientato -, è stata una sensazione che definire piacevole sarebbe riduttivo.
A pensarci bene, la migliore che abbia provato da un po' di tempo a questa parte.
2 commenti:
all' irrefrenabile visione dei pesci rossi...
alla serata, al campetto a "chi c'è, c'è"...prima di "chi non c'è, non c'è"...e dopo... "chi è stato è stato e chi è stato non è"...
a chi delle parole fa suo canto,
a chi del rumore della penna fa suo vanto,
a chi...
nonostante noi...
nonostante il tempo e i tempi...
nonostante i luoghi...
ci sarà...come sempre...
non alla carne e alle ossa la presenza,ma al filo dei ricordi che scorre tra giorni passati a prendere il sole nelle notti di quell' agosto sull' F10 o a manifestazioni di innocenza legate a ritrovamenti di cartine sotto le scale, ai bracci rotti per salvare la rete, alle innumerevoli disavventure...immersi allora come ora in quell' acquario che salvo disguidi chiamavamo tranquillamente... paesello.
ing.Adriano Ercoli semplicemente Paffuto.
ps. cercasi Semini disperatamente, "MA SE PO SAPE' CHE FINE AI FATTO?"
a chi ti strappa una lacrimuccia tre ore prima che Obama si presenti al mondo come il deus ex-machina che rimpiangiamo di non avere
a chi trova una rima nient'affatto scontata
a chi quando si prendeva il sole di notte c'era, e le cartine le usava per pulire le chiavette del sassofono (oh, dici che mia madre ci crederebbe ancora?)
a chi s'è subìto le confessioni di tutti i "ti vedo solo come un amico" orrorevolmente spiattellati...
a quell'oceano pacato che è il paesello, ché naufragar c'era dolce in quel mare.
A chi, nonostante l'Ingegno, nonostante la Lingua, nonostante le Lauree e le Laure, Silvie, Marise..
c'è. E ci sarà.
Nonostante Semini. Nonostante le Mutine.
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