... scrisse un giorno Flannery O'Connor in Writing Short Stories (che, ad oggi, insieme al Decàlogo del Perfecto Cuentista di Horacio Quiroga, rimane il testo di riferimento, vergato in lettere d'oro, verso il quale mi prostro ogni qualvolta sento il bisogno di una materna parola di conforto sullo scrivere, in particolare racconti, in particolare brevi).
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Ricordo il pomeriggio in cui sentii per la prima volta quelle parole.
Era un sabato di fine febbraio, e a leggerle era il Sove.
Una volta terminato, noialtri dell'esperimento civitasvetulino di Racconti di Città, imberbi short-storytellers, rimanemmo a guardarci in silenzio. Ci sentivamo un po' (un bel po') gli aspiranti scrittori ai quali la O'Connor rivolge un sonoro eppure premurosissimo pistolotto.
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Quella di Natalie è una storia commovente, ancor di più se si tiene conto dell'amplificazione figlia dell'aura mitica dei cinque cerchi olimpici.
E' una storia della quale si potrebbe dire che "nella vita, in certe vite, due più due fa più di quattro".
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Mi ha colpito la seconda foto della galleria.
Perché mi ha da subito ricordato un magnifico racconto della O'Connor, "Good Country People" (do you speak English? Here it is! - per l'italica versione, invece, qua l'edizione Bompiani).
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Grazie ad una foto, ecco, ho conosciuto una bella storia e ne ho ricordata un'altra.
Cartier-Bresson sarebbe fiero di me.
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