Io, che negli anni '80 sono nato, non me lo ricordo Dino Viola.
Per me, il solo unico grande Presidente è stato Franco Sensi.
Grazie a lui sulla panchina giallorossa hanno poggiato le reverendevolissime chiappe Carletto Mazzone e Sdengo, al quale Chimenti, senza nemmeno togliersi i guantoni, accendeva le interminabili sigarette ogni domenica.
Grazie al Presidente Sensi Roma e la Roma hanno riguadagnato prestigio calcistico.
Lo Scudetto, le battaglie allo strapotere del Nord, un amore per i colori giallorossi tale da portarlo a rimetterci svariati europei, a cedere terreni, asset, financo un giornale che aveva fondato il padre e che per niente e poi niente al mondo avrebbe voluto veder chiudere i battenti.
Ho un'immagine, del Presidente, magnifica.
Il diciotto luglio del duemilauno passa la notte nell'hotel in cui lavoravo.
Particolare non trascurabile, dietro quel desk ero pure il pomeriggio prima, quando noncurante della clientela m'ero tolto la giacca, l'avevo gettata a terra ed ero esploso in un urlo smodato per quello scudetto che c'eravamo cuciti sul petto, il primo da quando avevo la consapevolezza per godermelo tutto.
Sullo schermo della pay-tv gli faccio trovare un messaggio: "Grazie, Presidé!".
Squilla il centralino, una chiamata interna.
"Grazie a voi", mi fa.
E quella faccia sorridente, quell'incedere maestoso nonostante la statura, quell'aura mitica che guidare l'aesseroma gli aveva fatto meritare, non me li scorderò mai.
Addio, Presidé.
Per me, il solo unico grande Presidente è stato Franco Sensi.
Grazie a lui sulla panchina giallorossa hanno poggiato le reverendevolissime chiappe Carletto Mazzone e Sdengo, al quale Chimenti, senza nemmeno togliersi i guantoni, accendeva le interminabili sigarette ogni domenica.
Grazie al Presidente Sensi Roma e la Roma hanno riguadagnato prestigio calcistico.
Lo Scudetto, le battaglie allo strapotere del Nord, un amore per i colori giallorossi tale da portarlo a rimetterci svariati europei, a cedere terreni, asset, financo un giornale che aveva fondato il padre e che per niente e poi niente al mondo avrebbe voluto veder chiudere i battenti.
Ho un'immagine, del Presidente, magnifica.
Il diciotto luglio del duemilauno passa la notte nell'hotel in cui lavoravo.
Particolare non trascurabile, dietro quel desk ero pure il pomeriggio prima, quando noncurante della clientela m'ero tolto la giacca, l'avevo gettata a terra ed ero esploso in un urlo smodato per quello scudetto che c'eravamo cuciti sul petto, il primo da quando avevo la consapevolezza per godermelo tutto.
Sullo schermo della pay-tv gli faccio trovare un messaggio: "Grazie, Presidé!".
Squilla il centralino, una chiamata interna.
"Grazie a voi", mi fa.
E quella faccia sorridente, quell'incedere maestoso nonostante la statura, quell'aura mitica che guidare l'aesseroma gli aveva fatto meritare, non me li scorderò mai.
Addio, Presidé.
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