18 agosto 2011

Nessuno si accorge di niente [da Chiuso a metà]

[c'è questa cosa della desemantizzazione che ogni volta che ci penso mi sembra il male assoluto, la vera piaga dei nostri tempi. Condividere è un verbo che comporta passione, coinvolgimento, partecipazione. Condividere un'opinione, una fede, una scelta non ha lo stesso peso di condividere un linco sui socialcòsi. Non basta fare clic, stac, bum per condividere. Non solo. 
Quando ho visto che Decimo Cirenaica ha scelto di rilasciare il suo romanzo Chiuso a metà completamente aggratise sull'internètte - sotto licenza creative commons BY-NC-ND 3.0 [it] - chiedendo, a chi ne avesse voglia, di condividerne un brano particolarmente amato, ecco, m'è venuto d'andare in un bar della mia città, sedermi al bancone, con la mia mela smozzicata, e niente: condividere. Copiare lettera per lettera. Sentirle scorrere. Passione. Coinvolgimento. Partecipazione. Tra una brioscia e un cappuccino, mentre tutt'attorno si condividevano le canzoni di ladygàga, e più in generale, nessuno si accorgeva di niente]

Al bancone del Bar Flumini oggi c'è una Rossa che non avevo mai visto, la pelle bianca di porcellana, senza un difetto, liscia.
Intanto che aspetto il caffè sfoglio il giornale per vedere se mi hanno pubblicato l'articolo sul ghiacciaio plastificato. Lo sfoglio con movimenti preparati e guardo il bar dall'alto: ci sono uomini che bevono birra allo stesso tavolo, ma non parlano, uomini che giocano alle macchinette del poker e fumano, uomini al mio stesso bancone - ne conto due - ognuno a leggere dentro il proprio giornale. Siamo tanti silenzi.
Nella pagina dei commenti con foto e nome dell'autore il mio articolo non c'è, magari lo pubblicano domani; chiudo il giornale e butto una bustina di zucchero dentro il caffè. Se qualcuno guardasse me dall'alto vedrebbe un uomo al bancone con il giornale in mano che gira meccanicamente il suo caffè, che prende in mano la tazzina e gira il capo di centottanta gradi per vedere quanti occhi lo stiano osservando: nessuno. Nessuno che lo stia osservando, nessuno che mi stia osservando. Non si è accorto nessuno che sto per bere il mio secondo caffè della giornata, come non si è accorto nessuno dei pantaloni ben stirati e della camicia che scende perfetta, del giornale che tengo in mano e che avrebbe dovuto ospitare un mio articolo, di Luisanna Gerace e Anita Santa Cruz che occupano la mia mente a fasi alterne, del romanzo che dovrei consegnare, della carne ancora da comprare per la cena di stasera; nessuno che si accorge di questa magra presenza, nessuno che mi chiede, che mi pacca sulla spalla, che mi indica l'arrivo dell'allievo dietro di me; nessuno si accorge di nulla dentro al Bar Flumini, ognuno si basta di per sé. Io come loro pratico assenza comune, non chiedo e non pacco sulla spalla e non mi soffermo sull'orlo dei pantaloni che indossano i due al bancone, come non pretendo parola da quelli che bevono allo stesso tavolo, e non saluto nemmeno quando abbandono il bancone e mi dirigo verso l'uscita.
Sulla porta del bar mi giro nuovamente, ma non si è accorto nessuno che sto andando via, nemmeno la Rossa dal viso porcellanato. Neppure l'allievo che aspetta il maestro.

Nessuno.
 [Decimo Cirenaica spacca]

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