16 giugno 2010

Anche i ricchi (di spirito) Pyongyang.

Jong Tae-Se è un onesto attaccante che gioca in Giappone coi Kawasaki Frontale.

Prima d'oggi, la sua storia era perfetta per un reportage di sette pagine e quattro trafiletti d'approfondimento su Limes (la rivista di geopolitica, non gl'agrumi): nato in Giappone da genitori sudcoreani, di buona famiglia, discretamente ricchi, ad un certo punto gl'è venuto d'esser Coreano oltre che del sud pure del nord, e forse chissà, dell'est e dell'ovest, ed ha richiesto il passaporto alla Repubblica Democratica Popolare di Corea (tu chiamala se vuoi: Corea del Nord).

Solo. Solo che a Seul la riconoscono mica, la Repubblica Democratica Popolare di Corea, e a Jong Tae-Se gl'è toccato pigliarsi il passaporto in Giappone, farselo rilasciare dalla Chongryon, che poi altro non è che l'Associazione dei Zainichi, ergo i coreani di seconda generazione nati e e residenti in Giappone, una mezzaspecie di Ambasciata nordCoreana in Nipponia, ed insomma è un po' un bel casino spiegarlo e capirlo, come funziona di preciso, questa storia della multinazionalità del baldo Tae-Se.
Fatto sta che Jong Tae-Se oggi ha tre passaporti, uno dei quali non è valido stessimo a sentir quel che ne pensano i Paesi che hanno emesso le altre due, ed insomma vallo a capire, di che nazionalità è Jong Tae-Se, troppo complicato, troppo macchinoso, boh ma che ne so ma che me frega, ci vuol qualcosa di più semplice, di più facilmente comprensibile, qualcosa d'impatto che faccia commuovere le genti semplici, tipo che ne so, piangere durante l'esecuzione dell'inno. [e t'è già successo, allora, perché stasera mica avevi quei capelli là, sei recidivo, allora, sei una femminuccia frignona, allora].

E c'è chi ha detto: orgoglio nazionale.
E c'è chi ha sostenuto: lacrime di commozione per l'annosa questione delle coree divise.
E c'è chi ha parlato di: tristezza per la durezza del regime di Pyongyang.
E c'è chi se n'è uscito con: semplice emozione.

Jong, non lo si sa, noialtri, perché ti son scappate quelle lacrimucce.
E diciamocela tutta: nemmeno ci interessa troppo, dopotutto.
Perché vedervi sgambettare, voialtri nordsudovestestcoreani, spavaldi ed onesti come novelli ammiragli Nelson contro l'Armada Invencible verdeoro, è stata una gioia a prescindere, al di là d'ogni significato latente, al di là di tutto.

D'oggi in poi per noi sarai Chen Khom Mo Tsion.
Dimostrazione vivente del fatto che anche (e sopratutto) i ricchi (di spirito) Pyongyang.

1 commento:

Gianluca ha detto...

Ah, ecco!