29 ottobre 2008

Prendi un frullatore, spingi il tasto play e ridi dell'inevitabilità del destino

A Don il suo nome, Don, deve piacere quanto basta. Il problema è nel cognome. Black. Che poi in America chiamarsi Don Black è un po' come essere Mario Rossi nell'italiota stivale, magari a qualcuno può sembrare pure figo perché ricco di rimbembranze bradpittiane, joe black, chi se lo ricorda?, era il nomecognome della morte.
Anche Don Black, a suo modo, rappresenta la nera signora, solo di bianco vestita.
Don Black è il capoccia dello Stormfront, che una volta si diceva KKK ed oggi invece Storfront. Senza cappucci né simboli ariani, ma pure sempre il braccio estremo del "white power".
Oggi, sull'onda della notizia dello sventato attentato contro Barack, Mario Calabresi lo intervista per Repubblica e tu sei lì a chiederti come è possibile che tutto ciò possa ancora resistere, inevitabile, al logorio del tempo.
Ti verrebbe da accendere il tasto play di quel grande frullatore che è il mondo e rendere l'esistenza intera in poltiglia, prima di reimpastarla e modellarla con nuove - più umane - fattezze.

Dentro un frullatore è finito anche il pesce rosso, nel manifesto del nuovo spettacolo di Grillo.
Me lo ricorda Angiola Codacci-Pisanelli, sulla scrivania della quale erano andati a finire i racconti dalla rossopéscica inafferrabile Weltaeccetera. "Ne ho letti diversi e li ho trovati brillanti, ben scritti. Non credo che lei scriva solo "per non essere interrotto", come consiglia Jules Renard in limine", mi dice.

Certo che, rimanendo in tema di spot, certe volte siamo la peggior reclame possibile di noi stessi.
In questi momenti dovremmo trovare il coraggio di creare - almeno nella realtà parallela dell'infingimento - un gigante frullatore d'idee. Del quale brilla, nella sua smeraldina essenza, il tasto play.


Solo, salviamo il pesce rosso.
Potremmo sostituirlo con Don Black, con tutti i movimenti revanchisti, con chi non vuole capire che se si scende in piazza non è per perder tempo, ma per manifestare la propria opinione, che é attività fondante di ogni regime democratico.

Non ci resta che piangere, diceva qualcuno.
O ridere, dell'inevitabilità del destino.

3 commenti:

Damiano Celestini ha detto...

ho difficoltà a trovare qualcosa che si possa considerare peggiore della mentalità dell'americano medio-razzista di una contea del Sud. Ho letto l'articolo su Repubblica e sono rimasto senza parole. Se nel 2008 siamo ancora con questi tizi, probabilmente non ce ne libereremo mai.

Anonimo ha detto...

Quindi posso manifestare la mia opinione solo se essa è di sinistra, se è di destra no. Insomma, ho libertà di parola solo se dico le cose che piacciono a te, altrimenti devo stare zitto. Questo modo di pensare si chiama fascismo e tu, amico mio, sei un fascista.

Fabrizio Gabrielli ha detto...

anò, puoi manifestare quel che vuoi, ma se dici una bojata, una ròba fuori dalla grazia della razionalità, che sia tu di destra, di sinistra, arancione o blu cobalto, dici una bojata sic et simpliciter. poi, magari, ti disanonimizzi, e allora vediam di spiegarci l'ultima invettiva.