17 maggio 2008

Lettera ad un figlio che non c’è (ma che, se ci fosse, sarebbe senz’altro romanista) – Come parlare di palle ad uno spermatozoo


Figlio mio,

domenica prossima tu non ci sarai. Non ancora.
Oddio, non se n’accorgerà nessuno, in una giornata che sembra essere contrassegnata dall’assenza.
Assenza di tifosi sugli spalti. Assenza di incitamento. Di cori, di urla, di sciarpe al vento. Assenza di maxischermi a Roma, assenza di festa scudetto, ovunque essa debba tenersi. Assenza di Matarrese.

In definitiva, assenza di buon senso.

Gira voce che oscureranno anche i canali televisivi, il segnale radio sparirà per magia, i giocatori – finite le partite – verranno chiusi nello spogliatoio personalmente da Moggi, tornato prepotentemente in auge, deus ex-machina del rapimento preventivo. Sapremo i risultati di questa clamorosa appendice di stagione calcistica in pieno luglio, non prima.

Addirittura si paventa l’assenza di contatto fisico tra i giocatori. Esperti del settore stanno vagliando l’opportunità di far sfidare Inter, Parma, Catania e Roma in un minitorneo a quattro online, con PES 2008 per Playstation 3. E già alla Pinetina aleggia lo sconforto, ché il Brescia, tra una camicia tarocca e quei quattro chili di coca aveva infilato pure una partita di DVD masterizzati. E quei DVD hanno un bug tremendo: a fine stagione i risultati cominciano a diventare poco credibili, il Siena strappa pareggi insperati su campi ostici e quei campionati che sembravi poter vincere a man bassa, beh, vai a giocarteli all’ultima interminabile partita.


Quando la Roma ha vinto il primo scudetto vero – l’altro primo scudetto era solo un’apologia del Fascio – ero qualcosa in più di te. Nel senso che avevo già vinto la mia personalissima battaglia di fecondazione.
Ma quelli erano altri tempi. C’erano le bandiere, in campo e fuori. C’era gioia. C’era spensieratezza.
Non c’era l’Osservatorio del Viminale.

Non c’erano magnati americani che, con offerte astronomiche, miravano all’acquisto di società calcistiche con l’intenzione nemmeno troppo velata di farne macchine da business.


Io, la globalizzazione calcistica, l’ho vissuta sulla mia pelle.
All’epoca della sentenza Bosman avevo già fumato qualche sigaretta, scoperto le gioie di Teletutto e financo stampato qualche bacetto sulle guance di paffute ragazzine. Una volta pure sulle labbra di una, a tradimento.

Ed anche il trionfo dell’antitesi della meritocrazia, ho visto. Pallonara, e non solo.
Allenatori sopravvalutati gioire per risultati immeritati. E poi, a volte, miracoli calcistici, favole di quelle che non pensi siano ancora possibili nell’era di Internet, realizzarsi – anche solo in parte.

Forse, quando verrà il tuo tempo, una legge avrà vietato alle squadre di schierare undici giocatori stranieri su undici. Ne parlerai col ciabattino sotto casa, che ti pregherà di non raccontare a nessuno quello che hai scoperto, cioè che si chiama Roberto e viene da Jesi. Lo riconoscerai dal ciuffo sbarazzino, bianco, e lui glisserà il discorso dicendo che “sai, dopo quel diciotto maggio del duemilaotto è meglio che non si sappia che fine ho fatto…”.

Figlio mio, domenica prossima non ci sarai ma ti giuro che ti terrò informato. Qualunque cosa accada. Se sarà andata come è logico che vada, avvertirai un forte movimento roteante. Ma se invece succedesse l’inimmaginabile, beh, ti prometto che ti stringerò in un forte abbraccio. Mostrandoti, e con te gli attributi che ti contengono, al popolo nerazzurro.

La donna che vorrei fosse tanto tua madre, magari più in là, non apprezzerà. Si incazzerà e mi toccherà portarla a cena fuori, per farmi perdonare.

Ma vedi, figlio mio.

Il mondo è un grosso giramento di palle.

3 commenti:

Damiano Celestini ha detto...

Semplicemente fantastico. Bravo.

JAJO ha detto...

Strepitoso, come sempre !!
Fabri'... ti auguro di "sbrigarti" perchè l'anno prossimo la festa la voglio fare io !!!!! :-DDD

Anonimo ha detto...

Good post.