Puoi mica saperlo, tu, che il mondo per imploderti sotto le scarpe non ha bisogno di una data che finisca per 99. Uno scatto di lancetta e l'universo per come hai imparato a conoscerlo svanisce, è fin troppo semplice e può succedere (spesso succede) quando gli pare a lui, non serve l'epica, non serve l'epocalità: per esempio, alle 17.14 di un giorno d'Ottobre, il 21, in cui fa caldo, troppo caldo per essere Ottobre, e per essere il 21.
Certo, da qualche giorno avevi come l'impressione che tutto intorno stesse per cederti, il fiume per rompere gli argini ed esondare per riversartisi addosso. Te lo avevano detto, ma per sentito dire si manda la gente in galera, che c'entra. E ci sono le attese disattese, i conti alla rovescia rovesciati, e adesso?, non ancora, sì ma adesso?, no stellina, ci vuole il tempo che ci vuole. Puoi mica saperlo che passerai notti a non dormire in hotel vicini nella speranza (la paura?) che accada e accada presto, hai messo in preallarme ognuno che conosci tranne te stesso, perché conoscerlo, il te stesso che stai per conoscere, lo conosci mica, ancora.
E poi sono le 17.14, un'ora prima hai indossato un camice e delle babucce, una mascherina e una faccia tesa come se rientrasse pure quella, nel kit. Hai visto lo strazio che è un segnale della fine del mondo, la tenacia dirompente della leonessa che digrigna i denti nell'ultimo gesto prima della docilità, e hai sentito quel suono che è stato un acuto di quelli che rompono i bicchieri di cristallo: ciao prima, facciamo che raccogli i cristalli e ti prepari a stringere la mano a un qualcosa che è già dopo.
Puoi mica saperlo che in un faccino possano convivere l'espressione di tua nonna quando preparava le lasagne la domenica mattina, concentrata ai limiti del risentimento; gli occhi di tua moglie quando prima d'essere la tua fidanzata era la ragazza che stavi per baciare su uno scoglio di novembre; tua madre in una foto con una piega nel centro che corre in bicicletta, e poi l'immagine che hai di te ogni mattina, quando ti guardi allo specchio.
Puoi mica saperlo che cambiare un pannolino non è complicato, stringi le caviglie a tenaglia e solleva il bacino, sfila appallottola distendi richiudi, che sia indetta la distruzione delle istruzioni non dette.
Puoi mica saperlo che una linea di febbre è la breaking new di un nuovo conflitto mondiale: l'apprensione ti stringe lo stomaco e ti fa fare di malavoglia quel che sei costretto a fare, o non fare (sempre a malavoglia) quel viaggio che avevi proprio desiderio (necessità?) di ritagliarti; una linea di febbre, e adesso?, ancora, e adesso?, stellina, ci vuole il tempo che ci vuole.
Puoi mica saperlo che quando spunta un dente, scatti una fotografia di piedini sull'erba di Central Park, ascolti la risata del divertimento che non ha bisogno di nulla dalla stanza accanto, metti una canzone a suonare fortissima e ballate insieme, oppure sotto la doccia con la manina ti insapona un ginocchio, ti stai preparando a non esser pronto al distacco. Mai più. Puoi mica saperlo che sei fregato. Quando ti scivola dalle braccia verso altre braccia, e mette il broncetto e scoppia a piangere e tu devi proprio scappare, il cuore ha come uno sfrigolìo di frigorifero vecchio, prima che si rompa.
Puoi mica saperlo, da un ventuno ottobre all'altro, cosa può succedere.
Avrai l'impressione di essere l'unico ad aver scoperto che di un amore così vero, un amore così raro, si può morire. Non è vero, ma è una convinzione tua. E tanto ti basta.
Auguri Livia, luce dei miei occhi.
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