22 febbraio 2012

Lègo

Che poi discutevamo, con Maxi e Chiara, che alle volte ti senti come di volerlo reprimere, lègo, tutt'un fatto di forze centripete e centrifughe, per come la vedo io, e a forza d'esternare, esternare, esternare, alle volte ti vien voglia d'internare pure, foss'anche solo un po', ecchediamine, di farti nocciolina, di letargarti, di scannibalizzarti, di svincolarti dall'affastellamento di mattoncini, lègo su lègo, e ti capita soprattutto quando il giorno si siede e aspetta di morire e ti trova giardiniere dei perché, dei perché lo faccio, e spiegazione non v'è, o in ogni caso non la trovi, io non la trovo.

Qualche giorno fa eravamo a Terracina, in uno scantinato, in un vecchio magazzino, con le biciclette vecchie e le botti di vino impolverate, le collane d'aglio appese alle travi e tanti cavi, tre ragazzini, c'avranno avuto quanto?, quindic'anni, facevano il rap, matupènsa, ci piace molto il bumbumcha pur'ammé, si diceva, facciamo qualcosa, sentiamo qualcosa, e c'era una batteria, i quattro quarti a portata di mano e non m'è venuto da rappare, ma da suonare la batteria, che poi uno dice sarà l'età, quel marginalizzarsi, quel togliersi dalla scena, quel farsi nocciolina, sarà un calo dellègo, può essere, può essere.

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