23 marzo 2011

Quadernini di traduzione: Patriada

[è un po' lungo, eh]

E insomma traducendo, tempo fa, m'è capitato di imbattermi in uno di quei rompicapo che ti fanno restar sveglio fino a mattina, che premono sulle costole se provi a dormirci su, che alle quattro del mattino sigarette fumanti e confronti bonaerensi su scàip.

Patriada è un termine per il quale traduzione italiana precisa e puntuale, in buona sostanza e fino a prova contraria, conveniamo? conveniamo, buona notte, non esiste.

La Rae la definisce
Campaña de un grupo social o político que se hace invocando la necesidad de salvar a la patria.
ed altrove si riscontra 
empresa o tarea riesgosa que ofrece dificultades, realizada bajo un impulso y sin otro interés ni beneficio que el de los demás.
Fai due conti ed un po' di rammendo: patriada è un termine regionalistico, usato perlopiù in Argentina ed Uruguay, con il quale, potremmo dire, si designa una campagna condotta da un singolo a favore della propria patria, un'impresa non scevra di rischi e perigliosità, intrapresa istintivamente, cavalcando un ardore, senza alcun interesse o beneficio se non quelli della collettività, il più delle volte, vieppiù, destinata all'insuccesso.
Ciao.

Mi dico ora uso "gesto kamikaze", ma diomìo se è brutto, "un gesto kamikaze".
In ispagnuolo esiste, un termine discretamente vicino, non proprio una parola sorella ma più, diciamo, cugina: Quijotada.

La Quijotada è un'azione tipicamente da quijote, vale a dire 
Hombre que antepone sus ideales a su conveniencia y obra desinteresada y comprometidamente en defensa de causas que considera justas, sin conseguirlo.
Metti patriada a fianco di quijotada, e gioca al giuoco del cosa c'è cosa non c'è: c'è la primazia degli ideali rispetto alla convenienza (la patria prima del singolo), c'è l'impulsività e la giustezza della causa (il beneficio della collettività rispetto a quello del singolo).

In prima battuta avevo pensato di usare prodezza, io, che da una parte m'avrebbe messo in risalto il carattere virtuoso di chi compie il gesto, vero, ma dall'altra avrebbe inevitabilmente lasciato inespressa la consapevolezza dell'insuccesso cui tale gesto è votato, e che sembra serpeggiare in maniera discretamente vistosa, quando invece parliamo di quijotada. [mi faccio di questi discorsi, io, quando traduco, di quei discorsi in cui si usano inespressa e serpeggiare].

Le patriadas hanno pure un sito dedicato, matupènsa, un Canzoniere per patriadas, più precisamente; nel prologo di Enrique Catani c'è una bella spiegazione di cosa deve succedere affinché una patriada sia una patriada, che finisce così:
la ciclicità e la convenzionalità del processo, il prevedibile ed inevitabile finale (l'insuccesso) non sminuiscono l'impeto, la volontà ed il coraggio. La patriada non si fa cercando un successo effimero. La patriada si compie per lasciare un segno, per lanciare un segnale.
Alla fine volevo usare Chisciottata.
E invece: originale cum nota a pié di pagina.
Che come dice Ortega y Gasset,  "es el fracaso del traductor".
Tanto era d'insuccessi annunciati che parlavamo, no?

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