06 agosto 2010

ÈSSIBÒNO, CARLO (PT. 2/2)

Dicevamo: hai trent'anni, e sta per arrivare il tuo momento.
Vai da Leonardo Scacco e gli fai sentir le tue ròbe. Pezzi pieni di note blu. Reciti il ruolo che ci si aspetta tu reciti, caro il nostro Carlo Bacca, ma poi ti salta il pazzo e ci butti dentro pure una canzoncella vecchiotta e fuori dal repertorio che uno direbbe nelle corde di Carlo Bacca. Si chiama Ida Red, quel pezzo là: qualche mese dopo diventa Maybellene (che ironico, il destino, alle volte: come il rossetto che fanno a Nuova York) e tu diventi IL rocchenrolle.
E poi: Roll Over Beethoven. E poi: Rock and Roll Music. E poi: Johnny B. Good.

Ora: io non lo so, se mi chiedessero di scegliere una tracklist da mettere in un disco da spedire sullo spazio, cosa ci infilerei. I mericani hanno scelto di infilarci pure, nel Voyager I, tra Bach, Beethoven ed il suono che fa lo schiocco d'un bacio, il suono frusciante di Johnny B. Good, e questo è significativo di quanto quel pezzo spaccasse, e di quanto Carlo Bacca fosse sul pezzo, in quegl'anni là.
Èssibbòno, Giannì.

Il Mann Act parla chiaro. Tratta di schiave. Non è una ròba che si può fare.
Èssibbòno, Carlò.
Non puoi bombartela, la cameriera Apache che porti con te per farle fare la guardarobiera al tuo nightclub.
Non puoi bombartela, ma mica perché è Apache.
Mica perché le prometti di fare la guardarobiera.
Perché c'ha solo quattordici anni.
E no, non è che il giudice sia razzista. Né che il suo comportamento sia pregiudizievole.
E' che è minorenne, l'Apache, Carlo.
Èssibbòno, Carlò.
Fatti altri tre anni di gabbio.
Così magari impari a controllarli, gl'istinti torbidi. Magari.

Quando esci dal tunnel, ti ritrovi invaso da pietre rotolanti e scarafaggi (ma col ritmo). Ti vogliono ancora tutti molto bene, Carlé, ma così bene che certe volte ti tributano amore covereggiandoti i pezzi. Altre volte, va meno bene: te li rubano proprio.
Quella chitarrina là suona meglio se sopra ci racconti giri molto méricani per spiagge molto méricane tutto preso a fare il surf, mica se c'arrovelli giagulatorie inneggianti alla dolcezza di certe sedicenni.
Devi piantarla, Carlé, con le minorenni.
Non t'è bastato?

Suona, suona che ti vien meglio, racconta i matrimoni tra adolescenti coi vecchi che biascicano è la vita, la vita che ti dimostra che non si può mai dire mai.
Raccontali con quel riff che continueremo a sentire senza soluzione di continuità, senza che ci vada a noia, nemmeno mentre addentiamo biscotti friabili guardando quella mozzarella di Uma Thurman ballare, sfatanziata e a piedi scalzi.
Raccontaci questa ed altre storie, Carlé, sempre con in braccio la tua gibson es-335, in giro pel mondo tutto solo, ché non ti serve null'altro, a te, null'altro che qualche giovinotto reclutato sul posto per accompagnarti, senza che piglino troppe iniziative: tu parti con la chitarra e loro devono seguirti, e zitti. Niente scalette, niente accordi preventivi, niente strizzate d'occhio. Non si parla con la band né prima, né durante, né dopo il concerto. Non si ringrazia, la band. E' il tuo modo. Tu la vedi così. E tu puoi tutto, perché tu sei Carletto Bacca.
Vai, Carlé, Vai, col tuo passo dell'anatra e gl'ottantaquattr'anni come se ne fossero la metà, vai che non s'aspetta altro che sia stasera, a Senigallia, che c'è il sammergiamborì come tutti gl'anni ma quest'anno è molto più summer e molto più jamboree, dal momento che ci sei tu.

Noialtri, le parole di John Lennon, ce le siamo appuntate in bella calligrafia sulla mano destra: If you tried to give rock and roll another name, you might call it Chuck Berry, ha detto Johnny.
Èssibbòno, Johnny.

[Soluzione al trivia: il conduttore tv americano omofono del qui nostro è Chuck Berris]

Nessun commento: