31 dicembre 2011

Due-zero-uno-uno (cinque snèpsciòtti da incorniciare)

Trenta, diobòno: tre decadi, sei lustri, sei manine, trenta, diobòno..

Il Paradiso, dev'essere questo il Paradiso, Al-Jahanna, e io son là, in un là che ora è qua, ora che la vedo spuntare dall'angolo, ed è bella, ch'è poi come me l'aspettavo, come l'avevo sempre immaginata, anzi meglio, mentre mi viene incontro, col passo alla bersagliera, di bianco vestita, e c'è la clarìna e c'è la contrabbassa e c'è tantagènte e non ho bisogno di null'altro, davvero.

L'Half Dome ci guarda imperscrutabile, sferza l'aria tersa, carezza le punte delle sequoje, ci pisipiglia che anche quelle sono le americhe, e c'è da ridefinire il concetto di serendipità, one more time, dolc'amica mia.

Dallo studio, dalla finestra dello studio di casa nuova si vede il faro, a intermittenza sembra gridare, scandirmi parentesi umorali, ch'è luce, oggi, ch'è bujo, oggi.

Arriva la scatola, contempli la scatole, spalanchi la scatola, chiudi la scatola, l'odore della carta, di nuovo, d'infinitamente possibile.

Ciao duemilaùndici, anno di trentennitudini e matrim-onions, di andate e ritorni e traslochi fitti fitti, di palingenesi e slacrimuzzi, t'abbiamo voluto molto bene, duemilaùndici, d'un bene tipo non ti dimenticheremo mai, duemilaundici.